Martedì 19 aprile ho rilasciato un’intervista a Giovanna Vitale de La Repubblica. Eccola.
«Il governo si deve fermare. Le nuove norme sull’immigrazione creano gravi problemi alle città, per le ricadute su sicurezza e degrado, e al tempo stesso all’economia del Paese, che va in difficoltà senza l’ingresso di nuovi lavoratori». Giorgio Gori, sindaco pd di Bergamo, spiega perché serve «un’opposizione durissima» al Dl Cutro. «Se non verrà modificato, a farne le spese saranno innanzitutto i cittadini italiani».
La stretta sui migranti farà male agli italiani: non è un paradosso?
«Tutt’altro. Oltre a limitare gli ingressi, che servono come il pane alle imprese, la destra vuol rendere ancora più difficile l’integrazione di chi è già arrivato, e nessuno sarà in grado di rimpatriare. Il risultato sarà quello di ingrossare le fila di cittadini extracomunitari che vivono nei nostri territori senza alcuna prospettiva».
Con rischi per la sicurezza?
«Un irregolare che non ha forme di riconoscimento non ha alcuna possibilità di lavorare in modo regolare: o è vittima di lavoro nero o, per sopravvivere, si dedica ad attività illecite. Il permesso speciale non offre solo tutela agli immigrati malati o perseguitati, ma premia anche chi imbocca un percorso di integrazione. Ci ritroveremo con migliaia di disperati, impossibilitati a guadagnarsi onestamente da vivere perché il governo, che non riesce a rimandarli indietro, glielo impedisce».
Salvini potrebbe dire che lei fa allarmismo.
«Rispondo con un esempio. A Bergamo il Patronato San Vincenzo, che è un ente religioso, accoglie centinaia di migranti “diniegati”, che diversamente avrebbero vissuto per strada. Ha dato loro vitto e alloggio, una prima formazione, qualche piccolo lavoro. Il risultato di questa fatica è che la maggior parte ha ottenuto il permesso di soggiorno nella forma della protezione speciale.
Se dovesse scomparire, finiranno di nuovo per strada».
E quindi cosa bisognerebbe fare?
«Va completamente ribaltata la visione dell’immigrazione che negli ultimi anni ha accomunato governi di vario colore, compresi i nostri: il fenomeno è sempre stato affrontato come un problema, un’emergenza da ridurre al minimo, quando oggi – si legge anche nel Def – la questione è che mancano immigrati integrabili, non che ce ne sono troppi. Se vogliamo fronteggiare il drammatico declino demografico del nostro Paese non c’è alternativa a pianificare flussi regolari calibrati sulle esigenze dei diversi settori produttivi».
L’ultimo decreto flussi non aiuta?
«Il click day, sebbene appesantito da procedure burocratiche folli, ha registrato il doppio delle richieste rispetto ai posti disponibili. Se si parla con Confindustria, Confartigianato, Coldiretti, tutti dicono che c’è bisogno di più immigrazione legale. Come dicevo, è scritto nel Def: solo un aumento del 33% dei flussi, renderà sostenibile il debito italiano».
Ma allora perché stanno andando nella direzione opposta?
«Per ragioni di propaganda: è una bandiera leghista, che Meloni ha scelto di assecondare, senza capire che i tempi sono cambiati. A chiedere più forza lavoro regolare sono le imprese piccole e medie, storico bacino elettorale della destra. Ora tocca all’opposizione smascherarli».
Come?
«Con la verità dei fatti. Il governo dice che il permesso speciale esiste solo in Italia e che questa forma di accoglienza attrae i barconi. Due clamorose bugie: 18 Paesi su 27 prevedono una forma di protezione complementare e non è vero che sia un pull factor, altrimenti l’Italia non sarebbe solo quarta in Europa per richieste d’asilo. In più, complice il tragico calo della natalità, da qui a qualche anno non riusciremo a pagare le pensioni. Mentre già oggi, su 163 miliardi di contributi versati, 10,8 vengono da lavoratori extracomunitari, che riscuotono pensioni solo per 1,2 miliardi. Un saldo straordinariamente positivo».
La sua proposta qual è?
«Se aprissimo canali d’ingresso legali e consistenti non solo sopperiremmo al deficit di manodopera, ma svuoteremmo i flussi illegali, dalla rotta balcanica come dai barconi. Dove sono costretti a salire anche quelli che, se potessero arrivare legalmente, verrebbero ben più volentieri in aereo».
Sui minori non accompagnati ha fatto ricorso contro il governo?
«Sì, ma per provare a migliorare un sistema che va cambiato. A Bergamo abbiamo accolto 30 ragazzi nel centro Sai loro dedicato, ma altri 300 sono in carico al Comune, collocati come abbiamo potuto in un ambito geografico che arriva fino al Friuli. Così non può funzionare. Perciò prima abbiamo diffidato il Viminale e poi fatto ricorso al Tar perché lo Stato è completamente inadempiente».
In che modo è inadempiente?
«è lo Stato che deve provvedere all’accoglienza e organizzare i Sai: solo se questi non sono disponibili i comuni vengono chiamati in causa, ma in via temporanea e senza oneri a loro carico, in attesa che i prefetti allestiscano nuovi Cas. Invece lo Stato non fa nulla, né prima né dopo. E scarica tutto sui comuni, con rimborsi largamente inferiori ai costi sostenuti. Ci siamo rivolti ai giudici per farci riconoscere l’intera differenza tra quanto ci è stato corrisposto e quanto realmente speso: dal 2016 al 2022 più di 5 milioni di euro. Soldi sottratti ai servizi, cioè ai cittadini, perché lo Stato non fa il suo lavoro».