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Lo Stato abbandona i deboli

Il mio intervento, pubblicato a pagina 26 de La Repubblica del 5 maggio, sulla cancellazione del reddito di cittadinanza

Con la riforma del Reddito di Cittadinanza varata il 1° maggio dal governo Meloni, l’Italia diventa il primo Paese europeo a non prevedere una forma universale di sostegno continuativo per le persone in condizioni di povertà.

Il governo, com’è noto, ha deciso di “spacchettare” la precedente misura. Per le famiglie povere in cui vi siamo soggetti disabili, minori o persone over 60, viene introdotto il cosiddetto

“Assegno di inclusione”: 500 euro al mese, più 280 euro per chi abita in affitto, con alcuni moltiplicatori legati alla composizione del nucleo familiare. L’erogazione della misura – riservata alle famiglie con Isee inferiore a 9.360 euro, reddito familiare non superiore a 6.000 annui e patrimonio non superiore a 30mila euro – è continuativa per 18 mesi, e prorogabile per 12 mesi dopo un mese di sospensione, ma è condizionata – oltre che ad una periodica verifica delle condizioni patrimoniali e di reddito – al fatto che i membri “occupabili” della famiglia aderiscano ad un percorso di formazione, e non rifiutino il lavoro che venga loro proposto (purché duri almeno un mese, se nel raggio di 80 chilometri dal domicilio, o sia a tempo indeterminato o almeno di 12 mesi, nell’intero territorio nazionale).

Da questa prima misura, che per certi versi richiama il Reddito di Cittadinanza, sono però esclusi tutti coloro che benché poveri – anzi, più poveri: la soglia ISEE in questo caso scende a 6.000 euro – il governo ritiene “occupabili” per il solo fatto che non vivono con minori, disabili o anziani. Per queste persone nasce lo “Strumento di attivazione”: un’indennità di importo minimo (350 euro al mese, senza alcun contributo per l’affitto), erogabile per non più di 12 mesi e collegata alla frequentazione di corsi di formazione – sempre che qualcuno li attivi – o a progetti di pubblica utilità. Trascorsi 12 mesi, che abbiano trovato o no un lavoro, lo Stato le abbandona.

Considerato che la più avanzata iniziativa di politiche attualmente in corso, il piano GOL, vede dopo 90 giorni occupati solo 23 beneficiari su 100, è prevedibile che la gran parte dei destinatari dello SDA – esclusi dall’Assegno di inclusione solo a causa delle caratteristiche del proprio nucleo familiare, nonostante la loro condizione di povertà assoluta – si ritroverà dopo un anno senza alcun tipo di aiuto. Parliamo di centinaia di migliaia di persone, anche perché dal 1° gennaio ’24 il governo pare orientato a considerare “occupabili” anche i 191mila attualmente in carico ai servizi sociali, per i quali è previsto che il Reddito di Cittadinanza sia erogato solo fino a dicembre.

Del resto, la ratio che sembra guidare le scelte del governo è chiara: chi è povero – senza l’attenuante di appartenere ad una famiglia “svantaggiata” – si trova in questa condizione per propria scelta, perché non ha voglia di lavorare, e non va quindi sostenuto oltre una limitata soglia temporale.

In questo modo, come si diceva, l’Italia si accinge a diventare l’unico Paese europeo privo di una forma di sostegno universale e continuativo contro la povertà. In tutta Europa chi è in condizioni di indigenza ha infatti diritto ad un sostegno pubblico fino a che il bisogno persiste; tale sostegno viene riconosciuto a tutti i poveri, indipendentemente dalla composizione della loro famiglia. In Italia non più.

Se il Reddito di Cittadinanza aveva mostrato molti limiti – principalmente dovuti all’aver intrecciato e confuso due obiettivi, la tutela dei poveri e l’inserimento lavorativo – la sua riforma da parte del governo Meloni comporterà l’abbandono alla povertà di centinaia di migliaia di persone, considerate “colpevoli a priori” perché prive di un lavoro. L’impressione è che il governo, senza una seria valutazione dei pro e i contro della misura precedente, si sia mosso con l’unico obiettivo di trarre più risparmi possibile dalla sua cancellazione, con ciò denunciando il proprio disinteresse verso chi si trova in una condizione di indigenza.