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[Intervista] In campo per le comunali in Piemonte, ne parlo con Corriere Torino

Durante una visita a Torino ho avuto modo di parlare con Corriere delle imminenti elezioni comunali che coinvolgeranno diverse città piemontesi. Trovate l’intervista qui di seguito, buona lettura

Giorgio Gori, 62 anni, sindaco di Bergamo: lei è stato ad Asti e nei prossimi giorni sarà ad Alessandria, due città governate dal centrodestra. Che cosa si aspetta dalle urne di domenica?

“Vado dove posso per dare una mano e finora ho visto che la proposta del centrosinistra è molto qualificata, a partire dalla scelta dei candidati sindaci”.

È speranzoso?

“Queste città negli ultimi anni si sono un po’ fermate e ora hanno la possibilità di cogliere un’opportunità di cambiamento molto simile a quello che ho sperimentato in prima persona nel 2014, quando sono stato eletto per la prima volta sindaco di Bergamo dopo 5 anni di amministrazione del centrodestra”.

Andranno al voto anche Cuneo, Grugliasco e Chivasso, dove i primi cittadini uscenti sono di centrosinistra. Lei crede che le tribolazioni del centrodestra, e in particolare la crisi della leadership di Salvini nella Lega, aiuteranno il centrosinistra?

“Io credo che il voto delle città sia molto legato alle dinamiche locali. Non sottovaluto il dato politico generale, ma in questi casi a fare la differenza sono la qualità del progetto pensato per la città e la credibilità del candidato sindaco”.

A proposito di persone… Ha visto che l’ex candidato torinese del centrodestra Paolo Damilano ha abbandonato la coalizione, rompendo con la Lega? 

“Sì, e devo dire che non mi ha troppo stupito. Mi aveva sorpreso di più che un imprenditore, una persona moderata come lui, fosse diventato il candidato della destra populista di Salvini e Meloni”.

Ora la sua formazione, Torino bellissima, andrà ad aggiungersi alla vasta schiera di “ex” che si affastellano tra le due coalizioni in cerca del cosiddetto “Grande centro”. Lei ci crede?

“A livello teorico è una prospettiva sensata. A Palazzo Chigi c’è una figura come Mario Draghi, che sta facendo molto bene sia nella gestione del Pnrr sia nel mantenimento dell’Italia nella sua collocazione naturale in politica estera. Avrebbe senso che un’area riformista, superando i personalismi e le divisioni ideologiche, si ritrovasse per dare all’Italia un futuro di continuità con le politiche di Draghi. Il Paese ne avrebbe certamente bisogno. Tuttavia non sono particolarmente ottimista”.

Perché?

“Sarebbe sensato pensare di superare alcune distinzioni storiche, pur escludendo la prospettiva di una maggioranza da “dentro tutti” come l’attuale, oggettivamente frutto di circostanze eccezionali. E però bisogna fare i conti con l’attuale sistema elettorale”.

C’è chi auspica una nuova legge elettorale prima del voto del prossimo anno per il Parlamento.

“Sarebbe auspicabile una legge sul modello francese, con il doppio turno, come nelle città, o in subordine un sistema proporzionale che consenta dopo il voto la composizione di una maggioranza simile a quella che in Europa regge la Commissione di Ursula Von Der Leyden. Ma io credo che non se ne farà nulla e che alla fine si andrà a votare con le vecchie coalizioni. Salvo poi vedersi costretti a governare al di fuori di esse, come del resto è già successo”.

Domenica si vota anche per i referendum sulla giustizia. Lei ha preso una posizione in dissenso da quella ufficiale del Pd. Come mai?

“Letta ha deciso di dare una indicazione di voto per il “No” ma ha anche sottolineato la libertà di voto di ogni iscritto.  Di questa libertà farò buon uso votando “Sì” a tutti i referendum, perché è il momento di dare un segnale importante nella direzione di una giustizia più giusta”.

Che segnale?

“Per una giustizia più garantista, che bilanci nel processo i diritti dell’accusa e della difesa, che dia piena realizzazione dell’articolo 27 della Costituzione sulla presunzione di innocenza, che intervenga sull’abuso della carcerazione preventiva e che non penalizzi gli amministratori prima di una sentenza definitiva. Avrei preferito che questo lavoro lo facesse il Parlamento, ma così non è stato e allora è giusto dare la parola ai cittadini”.

Lei si trova a Torino per presentare il libro-dossier del consigliere regionale del Pd Daniele Valle sulla gestione dell’emergenza sanitaria del Covid. È un tema che il centrosinistra metterà al centro della competizione nelle prossime elezioni regionali?

“La sanità è un tema centrale. Abbiamo sperimentato a nostre spese l’inadeguatezza dei sistemi sanitari della Lombardia e in parte anche del Piemonte. Sicuramente, la pandemia ci ha colti di sorpresa, ma in questi due anni sono emersi tutti i limiti di questi sistemi sanitari, più di quelli di altre regione. Per cui è necessario un ragionamento politico”.

C’è chi punta su Valle come candidato presidente del Piemonte del centrosinistra. Lei è tra questi?

“Daniele ha la solidità politica, la visione e la competenza per farlo. Non so se a lui possa interessare, ma per me ne sarebbe senz’altro all’altezza”.