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[intervista] Elezioni regionali 2023, terzo polo e Partito Democratico

Questa mattina sul Corriere della Sera parlo di elezioni regionali 2023, sottolineando la necessità di costruire una coalizione ampia che comprenda PD e Terzo Polo.

Il testo integrale è disponibile qui di seguito.

Buona Lettura!


«Si aprirebbe in due, come una mela», è così che Giorgio Gori immagina la reazione del Pd lombardo, di fronte a un sostegno alla candidatura di Letizia Moratti alla presidenza della Regione.
Non si può fare, non adesso e non così. Il sindaco di Bergamo già l’ ha detto, in un comunicato firmato con i colleghi dem di altre città della Lombardia e indirizzato a Carlo Calenda: se il Terzo polo punta a un’ alleanza con il Partito democratico bisogna togliere il nome dell’ ex vice di Attilio Fontana dal tavolo e ripartire da zero. Magari, per arrivare alle primarie di coalizione che includano anche Moratti.

Calenda ha risposto alla vostra lettera?
«Per ora no. Ma era importante quella lettera perché con gli altri sindaci abbiamo voluto essere chiari su un punto».

Qual era il messaggio per il terzo polo?
«Non era pensabile che qualcuno facesse pressioni su di noi, provando a convincere i sindaci lombardi del Pd a sostenere Letizia Moratti, sperando che poi noi convincessimo il nostro partito. Questo non è possibile».

Come immagina si possa svolgere una trattativa per una coalizione che comprenda il terzo polo e la loro candidata?
«Conosco e stimo Letizia Moratti, escludo che abbia deciso di candidarsi per arrivare terza. Ma se non ci sarà un accordo con il Pd è proprio quello che succederà: sono sicuro di poche cose, tra queste il fatto che una lista Moratti più Azione-Italia Viva, da sole, non vincerebbero in Lombardia. Dubito anzi che arriverebbero al 20%. D’ altra parte, se l’ ex vicepresidente ha abbandonato la giunta Fontana, è perché si è resa conto che la Lombardia ha bisogno di un cambiamento molto profondo: al governo c’ è una destra con una macchina regionale inceppata. Per cambiare bisogna vincere e Letizia Moratti può decidere di far parte di questo cambiamento».

Perché non può essere lei la candidata del centrosinistra?
«Lei è fortissima sul piano mediatico e non trascuro chi, tra importanti commentatori, negli ultimi giorni ci ha invitato a superare pregiudizi nei suoi confronti. Sicuramente non sono io ad avere pregiudizi verso Letizia Moratti, ma conosco molto bene gli elettori del mio partito. Quella comunità non reggerebbe a una candidatura Moratti, di sicuro non se nasce in questa maniera. E sono convinto che poi almeno metà del nostro elettorato non la sosterrebbe al voto».

Con Letizia Moratti lei ha parlato in questi giorni?
«Sì e l’ ho trovata disponibile al dialogo, a sedersi e discutere. Se poi sia pronta a fare un gesto importante sul proprio nome per riaprire il discorso davvero, non lo so».

Un ticket al contrario rispetto a quello proposto da Calenda, quindi con Moratti candidata come vice di un nome del Pd, lei lo voterebbe?
«Quella sarebbe, secondo me, la soluzione più efficace.
Il Pd è pur sempre, di gran lunga, il partito di opposizione più importante in Lombardia. Un nome tra quelli in campo, dico Cottarelli, Maran, Del Bono, con Moratti capace di andare a prendere voti di centrodestra, sarebbe un ticket forte. Sicuramente prenderemmo più voti della somma delle nostre due coalizioni».

Significa che secondo lei esiste questa volta la reale possibilità di battere il centrodestra in Lombardia?
«Penso di sì, rispetto a cinque anni fa è caduto un velo.
Nel 2018 Attilio Fontana non aveva responsabilità per le carenze della Regione ed ereditava da chi c’ era stato prima di lui l’ idea che la Lombardia funzionasse bene. Dopo la pandemia è chiaro che questa descrizione della realtà non regge più».

Il Pd questa volta dirà parole radicali sulla sanità lombarda?
«Il sistema ospedalocentrico va cambiato, è evidente, e non sono sufficienti le modifiche fin qui apportate grazie alle novità come le Case di comunità. Non ho mai demonizzato la sanità privata, ma credo che oggi il suo peso in Lombardia sia eccessivo, persino nella capacità di influenzare le scelte legislative in materia. Bisogna trovare un equilibrio tra pubblico e privato che però ridia un ruolo centrale e preponderante al pubblico».

Crede che Letizia Moratti sottoscriverebbe questa visione?
«Io penso di sì».

Dalla sua esperienza di candidato alla Regione nel 2018, che suggerimenti trae per il centrosinistra di oggi?
«Prima di tutto, che il tempo è pochissimo: comunque vada, spero si facciano le primarie entro Natale, per dare comunque una finestra di visibilità al candidato, o alla candidata, e far sì che poi abbia un po’ di tempo per la campagna elettorale. E poi che non basta andare nelle città. Allora in molti lombardi, anche di centrosinistra, c’ era però un giudizio non negativo sull’ amministrazione regionale. Oggi le cose sono diverse, ci sono spazi da sfruttare».

Per molti mesi, a parte qualche tweet critico verso la segreteria nazionale del Pd nel dopo voto, ha taciuto sulla direzione presa dal suo partito. Per lei stare nel Partito democratico resta la scelta giusta?
«Sì, resto convinto che i grandi cambiamenti al Paese possano essere apportati solo da grandi forze popolari. Ho criticato i tempi preventivati per il congresso nazionale, ora vedo che se ne sta riparlando e spero si faccia molto prima di marzo 2023».

A Bergamo città il terzo polo è andato molto bene alle Politiche. Per le Comunali 2024 una campagna per le Regionali conflittuale potrebbe essere un problema?
«Credo di no, credo che tutti sappiamo che l’ amministrazione della città da parte del centrosinistra sia un patrimonio da non disperdere. Sono convinto che in ogni caso, quando sarà il momento, saremo in grado di sederci tutti insieme a lavorare. Io mi spenderò perché questo succeda»


Intervista estratta da “Corriere della Sera” del 12/11/2022.